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Il nostro LIBRO


» 16 anni fa
Motivi di editing ci impongono di finire il libro entro la prossima settimana.
Dopo mi dedicherò alla correzione delle bozze e alla redazione della prefazione.
Dobbiamo pubblicare il tutto in tempo utile x poter effettuare il lancio del libro il 30 settembre, in occasione della 24 h.

Per dare un taglio alla storia avevo pensato alla ricomparsa del ragazzo di Cecilia, il padre di Greta, il quale con garbo arriverebbe sotto casa a bordo della macchina e ne uscirebbe per citofonare a Cecilia ... [il nostro "deus ex machina" ...]

Deus ex machina è una frase latina che significa "xxxxxxxxx dalla macchina", che è a sua volta copiata dal greco "από μηχανής θεός", (pronuncia "apò mekanès theòs").

La frase ha origine con il teatro greco e con quello romano. In tali ambiti una mechanè (un complesso sistema di funi e argani) calava dall'alto un xxxxxxxxx (o più dèi) sulla scena per risolvere una situazione intricata e apparentemente senza possibile via di uscita. Da qui, il "xxxxxxxxx che viene dalla macchina".

Il significato della frase deus ex machina è stato ampliato nel tempo per indicare qualsiasi soluzione di una storia che non presti il dovuto riguardo alla logica interna della storia stessa ed è così improbabile da sfidare la sospensione del dubbio, ma tale, comunque, da permettere all'autore di far finire la storia nel modo voluto.


amaiorani » 16 anni fa


Motivi di editing ci impongono di finire il libro entro la prossima settimana.Dopo mi dedicherò alla correzione delle bozze e alla redazione della prefazione.
Dobbiamo pubblicare il tutto in tempo utile x poter effettuare il lancio del libro il 30 settembre, in occasione della 24 h.

Per dare un taglio alla storia avevo pensato alla ricomparsa del ragazzo di Cecilia, il padre di Greta, il quale con garbo arriverebbe sotto casa a bordo dela macchina e ne uscirebbe per citofonare a Cecilia ... [il nostro "deus ex machina" ...]

Deus ex machina è una frase latina che significa "xxxxxxxxx dalla macchina", che è a sua volta copiata dal greco "από μηχανής θεός", (pronuncia "apò mekanès theòs").

La frase ha origine con il teatro greco e con quello romano. In tali ambiti una mechanè (un complesso sistema di funi e argani) calava dall'alto un xxxxxxxxx (o più dèi) sulla scena per risolvere una situazione intricata e apparentemente senza possibile via di uscita. Da qui, il "xxxxxxxxx che viene dalla macchina".

Il significato della frase deus ex machina è stato ampliato nel tempo per indicare qualsiasi soluzione di una storia che non presti il dovuto riguardo alla logica interna della storia stessa ed è così improbabile da sfidare la sospensione del dubbio, ma tale, comunque, da permettere all'autore di far finire la storia nel modo voluto.


Tipsy

Non ci crederai ma il significato di Deus Ex Machina lo conoscevo già ! In ogni caso mi trovi in perfetto accordo per quello che riguarda il taglio da dare alla fine del libro.
Ti concedo la scrittura del/dei capitoli finali, possibilmente partendo dall'ultimo mio.

» 16 anni fa


Non ci crederai ma il significato di Deus Ex Machina lo conoscevo già ! In ogni caso mi trovi in perfetto accordo per quello che riguarda il taglio da dare alla fine del libro.
Ti concedo la scrittura del/dei capitoli finali, possibilmente partendo dall'ultimo mio.

amaiorani
Non avevo il minimo dubbio, la specificazione era ad uso e consumo del solo "utente non capente" [n.d.r.: il Pininfarina].
:ok
OK, prenderò spunto dal tuo x il capitolo finale e l'epilogo, ke ho già  mentalmente elaborati (credo di essermi immedesimato, per tale profilo, con il protagonista, al quale viene rimproverato di farsi troppe pippe mentali, ankorké io mi diversifichi alquanto, prediligendo quelle classiche ...).

» 16 anni fa
Una convivenza fatta di tante attenzioni, di tante gentilezze (mie verso di lei) e di tante ingiurie di tante lamentele, di tanta acredine sua nei miei confronti. [...]Che situazione mi ero andato a cercare!

Una mattina esco, diretto all'ufficio preposto per il perfezionamento della pratica di riconoscimento della neonata, quando vedo un'autovettura particolare, una Buick con targa estera, il cui conducente parcheggia proprio davanti al nostro portone e scende diretto al citofono. Bello, alto, sguardo fiero, si muoveva come un xxxxxxxxx ... eppure io l'avevo visto da qualche parte ... il suo volto non mi tornava nuovo. Scavai negli antri reconditi della mia memoria ... ma si, era lui ... il "deus ex machina" ... no, volevo dire: era il ragazzo di Cecilia, che capitava a proposito per togliere le castagne dal fuoco.

Deus ex machina è una frase latina che significa "xxxxxxxxx dalla macchina", che è a sua volta copiata dal greco "από μηχανής θεός", (pronuncia "apò mekanès theòs").La frase ha origine con il teatro greco e con quello romano. In tali ambiti una mechanè (un complesso sistema di funi e argani) calava dall'alto un xxxxxxxxx (o più dèi) sulla scena per risolvere una situazione intricata e apparentemente senza possibile via di uscita. Da qui, il "xxxxxxxxx che viene dalla macchina". Il significato della frase deus ex machina è stato ampliato nel tempo per indicare qualsiasi soluzione di una storia che non presti il dovuto riguardo alla logica interna della storia stessa ed è così improbabile da sfidare la sospensione del dubbio, ma tale, comunque, da permettere all'autore di far finire la storia nel modo voluto.

Anche lui mi riconobbe, forse ...
Fatto sta che suonò con garbo (del resto era il padre di Greta ...) proprio al citofono di Cecilia, la quale piuttosto alterata non domandò chi fosse, ma urlò: "il sale grosso, no fino, ma grosso ... e non fare tardi che debbo uscire!"
Era rivolta a me, ovviamente. Grande fu la sorpresa nel sentire la voce del suo ragazzo. Cecilia sapeva bene che era il padre della bambina. Si erano rivisti e riamati una tantum proprio nove mesi addietro. A Cecilia piacevano le minestre riscaldate ... Lui doveva partire per gli USA e non sarebbe più tornato in Italia. Era uno che aveva passato quasi metà  della propria vita sugli aerei delle più disparate linee e per le più svariate località . Allora avrebbe messo un punto fermo e non sarebbe ritornato in Italia. Per questo Cecilia non volle rivelare il nome del padre naturale. Tranne che a Maria. Errore fatale: se vuoi mantenere un segreto, non confidarlo a nessuno, tantomeno ad una donna. Questa incontrò casualmente lui a Las Vegas e lo mise al corrente della gravidanza. Adesso lui era tornato per sposarla. Se non avesse ottenuto il trasferimento in Italia, l'avrebbe portata con sé a New York. Probabilmente con la forza, perché a lei non tanto piacevano gli USA. Diceva che erano privi di storia e di cultura. Soleva aggiungere "noi (romani) eravamo già  froci e voi stavate ancora sugli alberi", parafrasando un detto rivolto precipuamente agli amici teutonici. Di più aveva un timore primordiale degli aerei, degli uccelli di ferro, almeno quelli volanti non li prediligeva ...
Comunque lui la abbracciò somaramente, ops, sommariamente e si accordò per prendere la bambina e portarla dai suoi; Maria l'avrebbe accudita. Sarebbe ritornato l'indomani per approntare i preparativi delle nozze.
Lo salutai anch'io, pensando a dove l'avessi visto prima. Salii le scale che mi separavano dalla nostra dimora e raccolsi le mie cose: una valigia di medie dimensioni. Talune le lasciai a lui; altre a lei. Andai in cucina per salutare Cecilia.
Feci per darle il consueto bacio sulla guancia, ma ella - credo inavvertitamente - si girò e ci sfiorammo le labbra. Mi pregò di rimanere, almeno per quella notte. La ringraziai ma le dissi di no, che ne avevo le p@lle piene di dormire in quel lettino traballante e in quella stanzetta senza finestra, per meglio dire un ripostiglio. Lei mi disse: "scemo! resti a dormire nel mio letto ... con me ...". Cecilia era davvero imprevedibile. Cosa aveva in mente? Concedermi l'onore delle armi? L'ultimo desiderio del condannato a vita? Si, perché fuoriuscendo da quella casa sarei tornato a vivere... Mi disse: "Niente. Mi sento un po' triste. Avevo voglia di stare con un amico ...". Acconsentii. Non sarebbero state una notte in più od una in meno a cambiare il corso della mia vita.
Solo DOPO capii che quello "stare" era in luogo di "giacere" ...
Cenammo, vedemmo non so che programma su SKY, quindi un film sul PC.
Andammo a letto. Prima di spogliarni le dissi: "Ho messo tutto in valigia, mi presti un pigiama?" Mi dette una canottiera sportiva. Lei indossò solo una maglietta celeste con una scritta fosforescente sul davanti, alla quale non feci caso. Lasciava intuire, e non solo, le sue fattezze. Io indossai la canottiera. Ancor prima aveva spento la luce. Pensai: è meglio per tutti, fìdati ... si dorme ...
Non mi abbracciò, mi avviluppò letteralmente. Aveva voglia. Anche io avevo voglia. Ci tuffammo sotto le lenzuola. I nostri corpi si confusero. Si riaccese la luce, quel dannato interruttore difettoso ... Lei scoppiò a ridere ... io le andai dietro e mi prese a ridere ... Avrebbe scommesso con se stessa che, ove mai fossimo finiti a letto, nello stesso letto, sarebbe stato duro per me non ridere e non facile per lei trattenersi. Del resto me lo aveva confessato: "mi piaci perché sai tenere banco e lo fai proprio bene! è bello quando un uomo ti fa ridere, almeno per me". Per fortuna quel "e lo fai proprio bene" ebbe in quella notte di passione un senso ambivalente ... Alla fine alternammo le risate ai ricordi e i ricordi ai sensi ...
Era ancor buio quando radunai le mie cose. Lei era in dormiveglia.
Raggiunsi la cucina, preparai un caffé, uno solo ... Nel prendere la tazzina feci cadere una confezione di aglio secco, che raccolsi: sembrava intatta, ma il vetro presentava delle crepe. La gettai nella pattumiera, oramai era inutilizzabile ...
Lasciai a Cecilia un biglietto con poche parole ed alcuni interrogativi:

perké siamo così diversi tu ed io? perké siamo così eguali tu ed io?
come facciamo ad andare d'accordo se siamo diametralmente opposti?
gli opposti estremi(smi) si toccano? e se si dove? sulla tangente, sul coseno o ... sul seno? come farò io senza di te? come farai tu senza di me? ma soprattutto: nella pasta alla puttanesca ci va il prezzemolo?


Scesi i gradini, tutti, uno alla volta e per l'ultima volta: non li avrei fatti più a ritroso, forse ...
Incrociai un'autovettura, non la Buick. Una Dyane, precisamente una 2 Cavalli, di un inconfondibile verde (oramai sbiadito) pisello. Non se ne vedevano molti esemplari. Non volli soffermarmi sul conducente, anche se ebbi un oscuro presentimento: che potesse trattarsi di un mio vecchio compagno di liceo e di università  ... Eppure per lui quella casa avrebbe dovuto essere "terra bruciata": da clandestino non aveva mai potuto recarvisi, almeno così mi diceva lei ... Anche se ero piuttosto geloso dei miei libri (conservavo financo i quaderni di scuola, dalle elementari al liceo), decisi lì per lì che, giunto a casa, avrei gettato alle ortiche un testo di Gianbattista Vico, quel "filosofo de noantri", che - pur non avendo partecipato ad alcuna gara - s'era inventato la teoria dei corsi e ricorsi storici ... [ ... ed allora lo spettro dei “ricorsi storici”, con la minaccia del ritorno della barbarie, sembra sinistramente tornare attuale ...]. Comunque non mi voltai ... era meglio non sapere ... Rimasi sempre nel dubbio, fino a quell'incontro al parco, con la mia citybike sulla soglia dei 70 anni ... l'ultima pagina (già  scritta) del nostro libro ...



» 16 anni fa
End
nobum Wed May 23 2007, 09:46PM
Tipsy Mon Jul 16 2007, 11:20PM

20coda

amaiorani » 16 anni fa
La mia passione più grande!

Quando, verso i trent'anni iniziai a lavorare stabilmente e prima che le vicissitudini umane (moglie e figli, in questo caso) mettessero un freno alle spese "extra" riuscii finalmente a coronare un sogno ce credevo oramai inarrivabile!
Mettere insieme tutti i pezzi per avere una MTB degna di tale nome!
Non una MTB col nome: è facile che vicino ad un telaio buono ti rifilino delle forke da cani o una guarnitura penosa.
Una serie di pezzi scelti con cura, pensati, ponderati, valutati e alla fine uniti (dalle mani di un valente meccanico ovvio) dal mio amico Oreste (il meccanico Tosto).
Uscito dal suo laboratorio, mentre tornavo a casa mi tornarono in mente i miei primi passi (ops pedalate). Tralasciando il triciclo e la prima bicicletta con le rotelle regalatimi dai miei ricordai quasi con tenerezza quella Chiorda che mio padre mi comprò a Porta Portese. Cambio campagnolo a 10 velocità ! Le paghette di almeno due mesi vennero poi messe da parte e quando tornai a casa con manubrio da corsa (la MTB ancora non esisteva) pedali con gabiette sella racing eccetera ero il ragazzino più felice della terra!
Certo con pinze e cacciavite e basta non era facile ma alla fine la mia bici da corsa era nata! Che delizia il mal di schiena dopo una decina di chilometri piegato sul manubrio da corsa! Che sensazione indescrivibile cadere da fermo per aver lasciato i piedi nelle gabbie strette!
Che bei tempi!
Passai poi i soliti periodi che passano tutti i ragazzi! I problemi con i genitori, i problemi di cuore (in effetti erano problemi di ormoni ma allora non lo sapevo!). La bicicletta però non restava mai per troppo tempo senza me sopra! Una Bianchi prese il posto della Chiorda, poi fu la volta di un Atala, poi vene una Legnano; sempre bici da strada che quasi puntalmente trasformavo in "bici da corsa". Un giorno poi mi capitò di vedere in tv uno di quei programmi che raccontavano di sport strani o di nuova concezione. Vidi delle persone che pedalavano per sconfinate praterie, nei boschi, che scendevano a rompiclo giù dale montagne! Che sensazioni ...... Il negozio di bici mi vide per l'ennesima volta ma ora il manubrio non era da corsa, le gabbiette non le volevo, volevo cerchi più larghi!
Mi ricordo!
Era maggio, di domenica mattina quando mi trovai a Villa Ada a pedalare su quell'attrezzo a due ruote che andavo su e giù per i viali e non solo! Le scale le scesi più d'una volta e più d'una volta mi trovai a faccia a terra! Ma nonostante la fatica fatta (cavolo se pesava e manco c'era il rampichino!) le salite fatte a spinta e le ruote oramai tutt'altro che tonde mi sentivo un vero biker! .......

Moderatore: fabioman, gerpas