E questa è una "grande avventura" che, sia pure lunga un interminabile giorno, entra di diritto in questo forum.
àˆ un giovedì come un altro, teoricamente, di un luglio che grida "ferie!" a più non posso ma viene soffocato dalle scadenze pressanti.
Ma nella pratica diventa una valvola per decomprimere, un'occasione per caricare le batterie con energia pura.
Scatta la zingarata!
Si decide di partire con la SuperKar, prodigio della modernità : una mezza astronave che si mette in moto senza chiavi. Così le chiavi puoi lasciarle dove vuoi, senza necessariamente inserirle nel quadro e comunque nell'abitacolo. Ma questa è un'altra storia.
Ci si avvia di buon ora e già il KarKarlo ha tanto da raccontare che il tempo fino ad Assergi vola nell'abitacolo confortevole mentre l'ombra di due bike sopra il tettuccio per tutto il percorso ci segue. Si parla di un po' di tutto ma essenzialmente di botanica, sarà la gita bucolica che ci aspetta, e in particolare di piante spontanee, come l'ortica.
Un veloce caffè ad Assergi fa da spartiacque tra il nostro mondo e la dimensione entro la quale stiamo per immergerci. Si arriva nella piazzola di lancio dove le navicelle vengono approntate per il viaggio nell'universo parallelo. Foto di rito, soliti siparietti con i soliti bitumari (gentaccia!) che passando hanno da ridire che noi si arrivi in quota in astronave, controllo all'equipaggiamento, protezioni e scudi solari per le radiazioni UV-A, UV-B, AIDS (non si sa mai) e si parte.
Un groppo d'emozione in gola subito: un giro tanto aspettato è qui, sotto alle mie ruote. Forse un po' azzardato dopo un anno di MTB forse no ma i limiti vanno superati e la compagnia è quella giusta per farlo. Un sorso d'acqua e si parte.
Si scende velocemente in uno scenario che ci fa lasciare ogni pensiero alle spalle.. siamo in un "altrove", in una qualsiasi antitesi del nostro mondo quotidiano. Ed è pedalabile.
Come si comincia a risalire la smania di conquista fa alzare i giri sulla salita che si para davanti. Il sole, come Mauro65, non ci mollerà mai. Sarà durante tutto il percorso sopra di noi con una determinazione ad essiccarci la capoccia ma i fontanili sparsi ci salveranno. I sassi abruzzesi, scoprirò, sono un po' più smossi di quelli che ho conosciuto in passato ed è tutto un cercare margini erbosi per non far perdere aderenza alla zompafossi sulle salite.
Si arriva nel silenzio a Santo Stefano di Sessanio. Si vede e si ascolta la paura del terremoto mentre una graziosa barista ci tonifica con paste alle mandorle e succhi variopinti. Il caso vuole che la fontanella della piazzetta faccia le bizze così da semplice dispensatore di acqua per borracce diventa estintore per tutto il corpo. Procediamo con un po' di bitume che rende bifronte la sorgente di calore: intrappolati in un panino termico. Si imbocca la strada bianca che ci porta a Rocca Calascio, altro posto surreale dove, non sapremo mai se per il caldo o se per reali accadimenti, abbiamo una prima visione mistica, ma forse anche due, due e mezzo.
Sconcertati ed increduli riprendiamo il viaggio per il tratto forse più impegnativo. Sono già provato ma l'altimetro dice che abbiamo fatto solo un terzo del dislivello previsto: una mazzata tra capo e collo (già rosso pompeiano)!
I paesaggi sono meravigliosi e del tutto inconsueti, lasciando le rovine del castello stiamo entrano nel vero nulla, è questa la vera spinta che consente di andare avanti con il caldo.
si continua a salire e ancora a salire ma anche se le pendenze non sono proibitive, il fondo smosso disperde gran parte dell'energia. A fatica, un po' spingendo, si arriva finalmente alla sella dove il Monte Perna ci preannuncia che sotto la discesa c'è finalmente Campo Imperatore. Foto di rito e si parte in discesa (attenzione!) verso una la piana più suggestiva dell'Appennino. Dietro la curva lo spettacolo mozza il fiato: tutta l'infilata di Campo Imperatore, con la quinta del Montre Prena e a seguire il Camicia ed in fondo laggiù, si erge maestoso il Corno Grande.
Torno bambino e scrollo la stanchezza, arrivo a pensare "qui è bella anche la BDC, è un paradiso per i bitumari" è così scatto una foto per loro. Sono rinato e prendo la testa del gruppetto mentre KarKarlo e Bikerlex si attardano a litigare col mozzo della Rush. Ho la traccia (ancora per poco) e mi avvia al prossimo viewpoint molto (mammooOolto pedalandiano): la pappatoia.
Forse per la crisi di fame ma è qui che ci viene regalata un'altra visione mistica, forse la più mistica, con tanto di appendice equina. Turbati divoriamo le cibarie per rimetterci in sella: ho fretta di perdermi il Garmin! La prima discesa mi fa andare lungo in un tratturo, mi rialzo piuttosto sano nel fisico ma ferito nell'animo: il mio GPS non si troverà più. Questo costerà a me circa 200 euro e un ritardo non precisato a tutto il trio nel rientro alla base.
Rosicando come un laziale mi trascino fino all'ultima vetta, più con la testa che con le gambe mentre KarKarlo e Bikerlex giocano a svenrniciarsi sull'ultimo GPM (veramente indelicati!).
àˆ finita la fatica, abbiamo scollinato ora solo 3 chilometri di belle curve in discesa su strada: t'amo bitume e mite un sentimento al cor m'infondi. In quota è quasi tramonto e la scena finale del nostro giro è degna delle meraviglie viste oggi.. è finita la fatica ma l'avventura comincia qui.
Comincia con un frase di Giovanni "fermiamoci a prendere qualcosa di fresco" e da lì continuerà fino al crepuscolo tra chiavi, portabici, telefoni, falangi di mano sinistra e bancomat, danzando tra le braci di Spinaceto e i giardini del nord-est.
Un'avventura che forse un giorno racconteremo tra tante risate magari seduti in qualche rifugio, con le bike poggiate su una staccionata al sole o in un pasta party di chissà quale gara tinta di azzurrarancio.
Grazie Giovanni e Carlo.