Eccomi qui a raccontare la mia avventura di questa estate, il cammino di Santiago di Compostela.
Premetto che è stato un viaggio organizzato (ahime’) all’ultimo momento, quindi male. Però, anche se con un’organizzazione non perfetta, devo riconoscere che è stato un viaggio bellissimo e molto divertente.
Sono partito il 3 agosto dall’aeroporto di Fiumicino, alla volta di Madrid. Tutto il Cammino di Santiago prevede un chilometraggio di circa 850-900 km partendo dall’inizio, ovvero da Sain Jean Pied de Port, e questo significa che bisogna avere a disposizione almeno una ventina di giorni. Questo perché può accadere di tutto, ad esempio rimanere fermi un giorno…
I miei compagni di viaggio sono state due ragazze, le quali pur non avendo un allenamento adeguato hanno dimostrato una grande tenacia e determinazione, a loro va la mia ammirazione per aver sostenuto questa avventura e nel migliore dei modi. Tuttavia però, visto che 900 km sono tanti per chi non è allenato, una decisione saggia ha voluto che il chilometraggio fosse ridotto da 850-900 a 526 km, partendo da Burgos. E così è stato, percorrendo sui 40-50 km al giorno.
Per fare un viaggio di questo tipo ci sono varie soluzioni che si possono prendere in considerazione: partire con la bici al seguito (caricandola sull’aereo) oppure affittarla lì, oppure andare in auto fino ai piedi dei Pirenei… Insomma, ognuno può scegliere quello che ritiene più opportuno. Noi da bravi masochisti abbiamo optato per caricare le bici in aereo, cosa che può essere comoda come può rivelarsi però un’arma a doppio taglio. Questo perché per caricare una bici in aereo bisogna procedere all’imballaggio della stessa. Quindi sgonfiare le ruote, smontare quella anteriore, fissare il manubrio in modo che resti in asse con il telaio della bici, smontare i pedali. Tutto questo perché la bici deve occupare il minimo spazio possibile. Poi va imballata in modo che non prenda colpi che la distruggano (occhio al cambio, io l’ho smontato e lasciato penzolare opportunamente protetto…).
Una volta però che si riesce a imbarcare la bici il più è fatto… Almeno fino a quando non si arriva a Madrid… Voi non avete idea di cosa significa girare con una bici imballata. Immagino vorreste chiedermi: ma non potevi sballare la bici e rimontarla? No, perché in Spagna, bontà loro, le bici in pulmann si possono portare solo se imballate. E in treno non è possibile caricarle proprio (riconosco che in Italia almeno le bici in treno te le fanno portare). Quindi dall’aeroporto di Madrid sono andato con un autobus alla fermata dei pulmann (avenida de america mi pare) dove sono partito alla volta di Burgos. Tralascio i commenti sul trasporto delle bici fino al pulman; i miei bicipiti ancora ringraziano. Comunque arrivato alla stazione dei pulmann di Burgos finalmente le bici vengono rimontate, e qui inizia il viaggio vero e proprio. La cosa che mi ha subito colpito di Burgos (come della Spagna in generale) sono le piste ciclabili e la cultura della bici che è molto radicata. In Spagna vanno più o meno tutti in bici, e se ne vedono moltissime usate anche come mezzo di trasporto. A Burgos poi la pista ciclabile è una vera pista e permette di attraversare tutta la città . Pedalando il mio pensiero andava al nostro amato sindaco e ai suoi 150 km di pista ciclabile… Ma lasciam perdere.
Il percorso è molto divertente, si può scegliere tra l’asfalto e lo sterrato, il tutto è segnalato da frecce gialle e conchiglie… Tuttavia è bene avere con sé un gps, in quanto in molti tratti manca la segnaletica e il percorso può diventare ambiguo… Io per esempio sono riuscito ad imboccare una strada romana antichissima e non segnata sulla mappa, strada bastarda fatta di salite e discese ripidissime; alla fine di ogni discesa c’era un tombino di cemento di un metro quadrato (che faceva da “ponticello†ad un canale) dove io arrivando a tutta birra e non riuscendo a impennare la ruota anteriore in tempo, sono rimbalzato finendo nel canale... Una bella botta di culo perché niente di rotto, né a me né alla bici, ma una bella paura quella si.
Personalmente mi sono perso tre volte, la situazione più sconcertante è stata questa. Io pedalavo un po’ più veloce delle mie amiche e quindi mi stancavo a stare al loro passo e capitava spesso che le distaccassi parecchio. Quindi un giorno ci siamo detti che per qualsiasi cosa ci vedevamo a pranzo in un paesino chiamato Calvor. Ora, per cercare questo maledetto paese (che secondo me è una leggenda perchè non esiste) ho percorso nella sola mattinata ben 58 km girando in tondo sempre per gli stessi posti, senza riuscire a trovare nulla e ho dovuto proseguire per Sarria.
Stranamente non ho mai bucato (stamattina invece ho ribucato, la ruota anteriore però) unico inconveniente meccanico è stato la rottura della vite che tiene la sella al cannotto reggisella. Non avevo con me una vite di ricambio, e il fatto è avvenuto dalle parti di Rabanal del Camino, nel bel mezzo di una strada sterrata e solitaria, completamente solo. Ogni tanto passava qualche ciclista che sfrecciando faceva “Hola!†ma mai nessuno che si fermasse per chiedere se avessi bisogno di qualcosa… Insomma ho dovuto spingere la bicicletta per ben 4 km (capirete che pedalare senza sella potrebbe essere un bel problema) fino ad arrivare a Rabanal del Camino, un piccolissimo paese con poche case e un ristorante. Il proprietario del ristorante è stato gentilissimo, si è messo a cercare la vite in questione a casa sua per aiutarmi… Ma niente da fare.. Allora mi sono rimesso in cammino fino ad arrivare nei pressi di una fattoria, dove c’erano degli operai che riparavano il tetto. Timidamente ho chiesto se avessero una vite… E miracolo, uno degli operai è sceso dal tetto e mi ha portato in una specie di officina agricola. Lì, smucinando in una cassetta piena zeppa di vitacce arrugginite di ogni tipo ho trovato la vite che cercavo: una maledettissima vite da 7 (rarissima tra l’altro) leggermente più corta di quella che si era rotta ma perfetta. Un paio di spazzolate per togliere la ruggine, e la sella era di nuovo a posto. Tuttavia per fare tutto questo avevo perso parecchio tempo… Questo inconveniente mi è costato il dover fare tutta la salita della Cruz de Hierro di corsa senza potermi fermare un attimo per raggiungere le mie amiche che mi davano per disperso; una bella sudata, niente da dire. Poi la cosa assurda è che a Ponferrada (unico posto con meccanico) ho girato per vari negozi di biciclette e nessuno aveva viti, figuriamoci la vite che cercavo, da 7! Mi dicevano di andare in ferreteria (la nostra ferramenta) ma nemmeno quelle le avevano! Alla fine ho avuto una botta di culo assurda, ho chiesto a dei biker spagnoli e loro mi hanno indirizzato da un meccanico il quale mi ha procurato la famosa vite. Riparata così la sella il viaggio è ricominciato alla grande.
I tratti in sterrato sono veramente stupendi, forse per fare questo viaggio l’ideale sarebbe una mtb biammortizzata ma con la possibilità di bloccare gli ammortizzatori per i tratti piani. I freni a disco sono molto consigliabili, soprattutto se scendete come pazzi come me da discese assurde con la conseguenza di distruggere i freni (che ho dovuto sostituire al mio rientro).
Ho molta nostalgia delle mesete assolate, dei percorsi veramente unici per la bicicletta…
Altra salita degna di menzione è quella del O’ Cebreiro, dove si arriva fino a 1500 m…
Per quanto riguarda notizie più pratiche c’è da dire che per dormire gli ostelli sono molto funzionali e piuttosto accoglienti, anche se purtroppo può capitare di incontrare persone che hanno il pessimo costume di non lavarsi. La precedenza viene data ai pellegrini a piedi in quanto loro sostengono una fatica di gran lunga superiore a quella dei ciclisti, anche se questo mi ha fatto sentire di serie B più di una volta perché secondo me dopo che sei stato seduto in sella per tutto il giorno un po’ di stanchezza la accusano pure i ciclisti. L’usanza vuole che l’ostello accetti i pellegrini a piedi e solo nel tardo pomeriggio ammetta anche i ciclisti, perché dicono che essendo in bici anche se non trovi posto puoi rimontare in sella e andare al paese successivo. Per carità , non fa una piega, ma se hai con te due ragazze, una delle quali si sente male e non ce la fa a pedalare non è una cosa così automatica… Quindi la soluzione è l’ostello privato, paghi e dormi come un essere umano.
Siamo arrivati a Santiago il 16 agosto, bagnati fradici da una pioggia fortissima e sferzati da un vento impietoso, dopo aver sbagliato strada per l’ennesima volta (40 km percorsi in autostrada invece della strada normale). Il ritorno è stato un altro parto, perché da Santiago ci sono solo due corse al giorno per Barcellona (dove avevamo il traghetto ad attenderci), una alle 14 e l’altra alle 14:45. Ovviamente abbiamo perso entrambe e i voli aerei erano proibitivi (sull’ordine degli 800€). Quindi per non perdere il biglietto del traghetto ci siamo fatti Santiago-Barcellona in taxi, sui 1000-1100 km, per la modica cifra di 850€. :)
Come dicevo, a parte alcune pecche organizzative, il viaggio è stato fantastico, una bella pedalata. Da fare e perchè no, anche da rifare (personalmente non mi dispiacerebbe rifarlo partendo da Saint Jean).
Ciao
Angelo