E no, caro Brillo, se pensi di togliermi due punti così, ti sbagli di grosso: ecco la mia cronaca della giornata.
Nonostante la sveglia di buon'ora, riesco ad arrivare all'appuntamento in ritardo, già immaginando una caterva di persone innervosite ad aspettare. Ovviamente toppo l'ingresso della complanare per Toys e continuo dritto per l'Aurelia, ma passando butto ugualmente un occhio al luogo dell'appuntamento: il vuoto pneumatico! Non c'è nessuno!! Ma come, un giro così, e non c'è nessuno? E io che avevo portato una cinquantina di moduli per le iscrizioni! Poi guardo il cielo, e dico: beh, tutti i torti non ce l'hanno, quelli che sono rimasti a letto, anzi, beati loro.. Dopo un quarto d'ora di giri per l'hinterland di Malagrotta, riesco ad arrivare al luogo dell'appuntamento, dove nel frattempo si sono radunati il buon Pinin (accompagnatore d'emergenza) con la Pininmobile alimentata a carbon fossile (più fossile che carbone) ed Emilio, detto “la freccia della ciclabileâ€. Ci guardiamo tutti e tre in faccia e, senza neanche un attimo di esitazione, decidiamo che “de scio mast go onâ€: oramai la macchina organizzativa è avviata, c'è da stringere un gemellaggio con i biker grossetani che rimarrà sui libri di storia come il Patto di Yalta, insomma, andiamo! La pinimobile sparisce in un attimo all'orizzonte, io invece prendo l'autostrada, però in direzione Roma.. oggi non è aria, con le asfaltate, speriamo vada meglio con lo sterrato.
Per strada, arriva la telefonata di Succisa: rapido accordo, e ci si trova subito a magnà : cornetto e cappuccino, tanto per cominciare. Il viaggio prosegue fortunatamente senza altri sussulti e ci ritroviamo al parcheggio di Terrarossa, dove si compie il miracolo dei pani e dei pesci: stavolta però la moltiplicazione riguarda i biker, che assommano all'incredibile numero di 12! Noncuranti di previsioni e nuvole minacciose sull'Argentario, 8 pedali romani (di cui una pedalessa) e 4 grossetani si ritrovano a quota zero per tentare l'ascensione alla vetta dell'isola che non è più un'isola. Un momento, però: attimi di panico, tra le fila dei grossetani ci sono tre defezioni! àˆ un susseguirsi di scambi di informazioni, “aveva detto che venivaâ€, “io non l'ho sentito, e tu?â€, “il cellulare è spento!â€, “te l'avevo detto, che la moglie non ce lo mandavaâ€. L'attimo di panico viene però prontamente superato, oramai la logica del “de scio mast go on†domina anche in Maremma. Il silenzio della laguna viene violato dal fragore metallico di 24 scatti di pedali a sgancio rapido, inclusi i due della bikeressa, che brinda immediatamente all'ingresso nel magico mondo delle tacchette, scrociandosi per terra nel parcheggio al momento di fermarsi. Finalmente si comincia a pedalare! Dopo un'interminabile cavalcata su bitume che dura la bellezza di 10 minuti, prima sosta: doveroso omaggio al forno di P.S. Stefano, che viene svaligiato della produzione settimanale di schiacciatine (n.d.t.: pizzette bianche). Gonfiate le tasche di pizzette, finalmente si arriva sullo sterrato e la strada comincia a salire (anche perchè scendere, dal livello del mare, non è semplicissimo, in bicicletta). Il gruppo si sgrana: le gambe di titanio cominciano a macinare pedalate al minuto come fossero caramelle, gli spompati (il sottoscritto in primis) cominciano subito a boccheggiare. Però la strada scorre veloce, si guadagna quota, l'azzurro del mare comincia ad allontanarsi.. Intanto i toscani continuano ad inanellare battute, soprattutto a sfondo magnareccio, e la fatica si sente di meno. Purtroppo, però, così come la mela di Eva, cominciano ad apparire i primi arbusti di corbezzolo, con i frutti tentatori belli maturi. E qui si comincia a vedere una serie di scatti degna dei Mondiali di Livigno. Il fine però non è una medaglia, ma quello di arrivare al successivo corbezzolo per primi, per mangiarsi i frutti maturi e lasciare a chi segue quelli acerbi, che allappano da morire. Rinfrancati da queste barrette aggratis, continuiamo tra sali e scendi (molto sali, poco scendi, per i miei gusti): l'unica cosa che non sale è quella maledetta nuvola intorno alla vetta. Intanto il malcontento cresce: il popolo vuole addentare le schiacciatine, non riesco più a contenere i disordini. Con promesse elettorali degne di un leader politico, riesco a rinviare il momento della schiacciatina a più avanti: la salita non è ancora finita. Ci si ferma per la foto di gruppo, e il Succisa rischia di mandare in fumo anni di lavorio diplomatico, inneggiando un “chi non salta di Grosseto èâ€. Finalmente si arriva all'ultima rampa, quella che conduce alla vetta. Le gambe di titanio fiutano il dislivello così come uno squalo il sangue, ed è un attimo: schiena inarcata, gomiti piegati, e sono già scomparsi dagli schermi radar, per andare incontro alla sfida della forza di gravità . Si svetta, ma non è ancora finita qui. Pare che ci sia la possibilità di essere ospitati al'interno della base dell'aeronautica di Punta Telegrafo, il che, con il freddo che fa in cima, non è da disprezzare. Arriviamo alla base, ma l'unico ad aspettarci è un cane maremmano che aveva avvertito l'odore delle schiacciatine già da diverso tempo. Incuranti dell'abbaiare del cane, e delle lusinghe di un gatto uscito chissà da dove, sbraniamo le prelibatezze del forno santostefanese immersi nella nuvola che avvolge il monte. Neanche il tempo di rifiatare, che è il momento di ripartire. Ora, però, il dislivello si fa negativo, la forza di gravità ci diventa amica, ed è tutto un altro andare. I freni, inattivi fino a quel momento, cominciano a guadagnarsi la giornata, e si perde rapidamente di quota, nel silenzio dei boschi del promontorio. Il tempo di una sosta rapida al Convento dei Passionisti, e poi di nuovo giù, verso la laguna. Arriviamo alle automobili con l'adrenalina che esce dappertutto, e ne approfittiamo per consolidare l'amicizia con i colleghi di Grosseto (che, tra parentesi, hanno voluto umiliarci arrivando con un furgone-officina, dotato di tutte le meraviglie tecniche per la riparazione ambulante delle bike).
Un saluto e un ringraziamento a tutti, alla prossima! :wink: