Quanto sono lunghi i 400 m che ti separano dall’ultimo ristoro? Tantissimi, se sono dopo 30 km e in cima all’ultima salita! Ecco la lezione della mia prima gran fondo: la distanza è un concetto relativo!
La partenza è stata un vortice incomprensibile ed emozionante. Alla mia destra Pirata. Poco più avanti gli altri pedalandiani. Siamo tantissimi, siamo tutti vicini e poi dopo qualche minuto non c’è più nessuno. La mia testa è come avvolta in una nebbia e le mie gambe sembrano non più le mie. ACC…
Ma la prima salita è abbastanza lunga e lentamente prendo il mio ritmo. 7-8 km/ h Secondo i miei calcoli dovrebbe andare bene per arrivare in tempo all’incrocio corto/lungo. Primo obiettivo della giornata.
Mi ritrovo quasi senza accorgermene a recuperare posizioni, raggiungo i ciclisti del corto che mi avevano superato, li riprendo in pezzi di salita più tecnici, so di avere dietro un copertone che, se sarò brava, reggerà fino alla morte. E così è: sante nobby nick!
Km 10 : prime avvisaglie di crampi al polpaccio e gluteo sinistro. Mmm. Mi ricorda il crampo in notturna con Prophet, che dolore, mollo un po’ i rapporti ma pedalo sempre, anche in discesa, anche quasi a vuoto. Succisa quando pedala non smette mai di muovere le gambe. E sembra funzionare.
Km 13: Bivio percorso corto/ lungo. Passo !
Ce la ho fatta!! Esulto con il braccio sinistro, Pinin mi dice sempre: fai tutto con la mano sinistra. E senza accorgermene in mtb sono diventata mancina!
Bevo, respiro e mi calmo.
La parte centrale del percorso me la ricordavo più pianeggiante, ma divertente lo è anche questa volta. Sono da sola, dietro non vedo nessuno. Capisco quindi che forse – forse – non sono l’ultima.
Ma so che mancano ancora almeno 20 km all’inizio della salita. Secondo obiettivo della giornata. GULP..
Arrivo al secondo ristoro e mi volto. Dietro di me arriva un uomo vestito da zebra! No, non sono allucinazioni: è l’uomo del’assistenza tecnica che chiude il percorso. Mi guarda e mi dice che dietro di me c’era un ragazzo che torna in paese dalla strada. Abbandona.
Partiamo quindi insieme: io e l’uomo zebrato. E’ la prima volta che vieni all’argentario, mi chiede. E’ la mia prima gara rispondo a mezzo fiato. “Ne hai scelta una facile†- fa dell’ironia mannaggia!
E’ gentile, mi consiglia, mi racconta cosa accadrà dopo, quanti km di salita, poi spiana riprendi fiato senza accelerare, poi salita ancora per 3-4 km, vai regolare rapporto agile, vedrai che li recuperi. Vedrai che li recuperi, stai andando bene. Mi viene un flash: Guadagnolo e Claudio che mi insegna a riprendere fiato in salita. Funziona ma stavolta ho le gambe a pezzi. Il polpaccio sinistro ogni tanto manda fitte allarmanti ma lo ignoro.
Arrivo comunque, lenta ma arrivo. Supero due che vanno a piedi. Ne vedo altri due più avanti. Non sono ultima! non sono ultima! HA! Incredibile potere della gran fondo: si può essere felici di non essere ultimi?
L’uomo zebra mi saluta, resta dietro e mi dice: in cima c’è un ultimo tratto impegnativo ma corto, se non ce la fai con le gambe, scendi e spingi sennò ti vengono i crampi.
E così è andata infatti. Finora non sono mai scesa, mi rendo conto solo adesso. E quindi ci sta, ma spingere è quasi peggio. EHI non finisce più questa maledetta salita ??
E invece poi finisce. In cima raggiungo anche gli altri due che si sono fermati a guardare il panorama. Ho talmente male alle gambe che se mi fermo e smetto di pedalare mi sembra di diventare di marmo in tutta la parte inferiore del corpo. E non voglio trasformarmi in statua proprio ora!
Comincio la discesa su asfalto, poi il primo single-track stranissimo, stretto e insidioso … mmm ma non dovevano essere solo due curve? Mi superano i due che avevo lasciato in cima.
Faccio un paio di stupidaggini, perdo l’equilibrio, poggio il piede. Ho capito: sono stanca ma qua la storia non è finita. Devo sforzarmi di essere più lucida di prima altrimenti mi faccio male. E sono di nuovo da sola.
Quel pezzo nel bosco ancora non so dire come ho fatto a farlo. Sali e scendi dalla bici di corsa, curva, frena, lascia andare la ruota, stai in equilibrio, fuori sella, scivola sul fango.. ma la ruota davanti, lo so, se resto in equilibrio, reggerà fino alla morte. E così è, anche questa volta. Sante! sante subito le nobby nick!!
La discesona finale scorre ma non alle mie solite velocità incoscienti: sono stanca e ho paura e sento uno strano dolore alla fascia sinistra della schiena. Mi torna in mente una frase di baffo grigio: la discesa è come un ghiacciaio, non è finita finché non ne sei fuori. Attenzione quindi!
La paura, però alla fine, è stata mia amica. Mi è servita a restare attenta anche quando non capivo più bene cosa fare. Come il caffè che ti tiene sveglio quando hai sonno.
Poi c’è il tunnel il fango i gradini la strettoia la sabbia. Non ci siamo fatti mancare proprio niente eh???
Mancano 4 km, so che saranno interminabili. Ma è fatta, è fatta, ce la ho fatta. E non sono ultima: ho vinto la scommessa, ho una cena offerta dal Pinin!!!
Arrivo e sono confusa. Non capisco neanche dove devo andare. Non c’è più nessuno. Dopo qualche minuto vedo il pirata, mi abbraccia, poi Miky, come promesso sono venuti a raccogliermi! Grandissimi!
E’ stato faticoso, emozionante, divertente. Una bellissima esperienza.
Il resoconto me lo ha chiesto Pinin ma è per tutti voi che c’eravate, che avete fatto il giro prima di me e con me (nella mia testa) e anche per chi non c’era e mi ha consigliato da lontano. Grazie, siete stati tutti fantastici.
à la prochaine!