Le quattro, suona la sveglia.
Dopo una settimana di pendolarismo 6-19.30 la domenica è proprio il giorno del riposo.
La dolce metà parzialmente acquietata il sabato con una gitarella a Norcia e alla piana di Castelluccio non protesta: “Contento tu…â€
Alle cinque a casa di ZZ, alle sei e un quarto a Capistrello, ridente paesino sede di strani eventi chiamati randonneèe, tra i ladispolani, dove la bici è solo “a tutta†dovunque e comunque, parola sconosciuta.
Già al lavoro gli organizzatori, iscrizione al volo, sorrisi e colazione compresa nel prezzo, poi alla spicciolata i pedalandiani: astino e robyrider, scrat e kk, ruotalibera direttamente dal camper, e per ultimo giramondo che al pedale agganciato degli altri risponde con una serie di problemucci dell’ultimo minuto.
Si parte alle sette e trenta tutti insieme tranne astino e robyrider che si avvantaggiano di qualche minuto.
Una ventina di chilometri di riscaldamento fino al sorpasso di una squadra troppo assortita: qualcuno si aggancia passando dai trenta ai trentacinque fino a Pescina: al bar di nuovo tutti insieme con la coppia astino-robyrider che ripartono col solito vantaggio.
La prima salita di circa 17 km vede giramondo trasportato in alto dal peso del proprio corpo seguito da scrat, me e zz parlottonparlottoni che raggiungiamo astino e robyrider ed insieme scolliniamo traversando la galleria.
Le due vallate si scambiano i respiri ed in cima il vento si fa sentire: decidiamo di aspettare ruotalibera e kk a valle.
Intanto a 1200 mt. Il verde intenso della valle ha lasciato il posto a zone più brulle ed aperte; comunque la giornata tersa permette panorami di un certo rispetto: beh, visti i luoghi l’alzataccia è giustificata.
Scendiamo con cautela staccando astino e il suo obbligo di compagnia all’amico robyrider ed arriviamo a Cocullo; non ci fermiamo, però, ché la vista delle gole del Sagittario a ore dodici ci stimola non poco.
“Andiamo su piano e godiamoci la vista delle pareti scoscese e del fiume accanto e sotto la strada, gli altri arriveranno.â€
Arriva Eligio trafelato a ruota di un gruppetto di ciclisti da granfondo testa bassa e pedalare.
Si ferma, ci notizia degli altri indietro di qualche chilometro e torna indietro a far compagnia a kk.
Noi in compagnia di orsomars e cinzia in sella al loro tandem che pedalando trasmettono serenità ed equilibrio: forse il significato della parola randonnée viene da loro, oggi.
Il lago di Scanno è di un verde intensissimo; forse per questo i giapponesi usano la parola “blu†per definire i verdi della natura (e chissà perché, quello del semaforo).
Il posto è incantevole e costringe a rallentare per meglio fissare gole ed anfratti nonché gruppi di case abbarbicate su rupi impervie.
La salita, purtroppo, chiama i ciclisti col proprio nome, così si sale del nostro passo, costante, regolare, pensieroso: le chiacchiere lasciano il posto ad una intimità solitaria ed appagante: anche così passano i ventisei chilometri fino al passo Godi.
In cima troviamo giramondo e scrat: non li seguiamo, aspettiamo gli altri all’interno del rifugio dove qualche ciocco poco convinto cerca di bruciare nel camino; dopo un po’ il solito eligio che come il servizio postale americano dell’ottocento ci reca le nuove: “kk arretrato, astino fresco come una rosa di maggio, robyrider sulle sue.
Una nuvolaglia nera e fredda avvolge il picco e fa scendere la temperatura; fuori si battoni i denti e la discesa diventa una prova da affrontare quanto prima cercando di raggiungere il calduccio dei mille metri di Villetta Barrea: zz davanti a far le linee, io dietro accucciato limitando il tremore alle braccia.
Da Villetta sette chilometri di leggera ascesa, poi Opi e in sequenza, superato l’incrocio detto “di Eligio†da zz iniziano i dieci chilometri più boscosi del tracciato: belli, uniformi, da contare uno per uno fino alla cima dove curve e controcurve in leggera salita stimolano il padellone ed il fuori sella.
Sosta ristoro con un altro gruppetto e si riparte per i ventidue chilometri di discesa: a 1500 metri fa freddo e non si aspetta più.
La discesa non l’ho vista; a tomba aperta limando l’asfalto sulle curve per tenere la ruota degli altri, tranne gli ultimi cinque dove io e lo zio ci rialziamo per godere un po’ del calduccio e del panorama.
Lasciamo Sora sulla sinistra e proseguiamo per Balsorano: lungo la strada un ciclista autoctono ci indica castelli vari e cascate nascoste, mentre lo zio tira il gruppo per una ventina di chilometri assieme ad un suo amico parlando fitto di rake e geometrie euclidee.
Al bar di Balsorano una birra alla spina a testa, seguiti dallo sguardo di approvazione di un ciclista svedese appena approdato in Italia per la randonnée di Capistrello.
Ripartiamo una decina per gli ultimi venticinque chilometri in leggera salita: never mind, la stanchezza già molto relativa è vieppiù mitigata da un leggero venticello che ci accompagna benevolo.
Tali arriviamo a Capistrello dopo sette ore e mezzo di colori, profumi e suoni spesso dimenticati.
Lì ci aspetta, però, la prova più difficile: il PASTAPARTY!
Un piattone di pasta, quattro pezzi di fagottini alle olive e agli odori, degli ovoletti con formaggio e cipolla assieme a tre birre alla spina; almeno venti assaggi di dolci fatti in casa con bis di tuti quelli alla ricotta ed un paio di bicchieri di coca cola.
Un’organizzazione che, a mio parere, supera novecolli, maratona delle dolomiti e gf varie, ormai delle vere macchine per far soldi dove il ciclista viene comunque in secondo piano.
Poi il caffè, l’arrivo di eligio e kk, astino e robyrider: tutti contenti del proprio giro, e delle proprie emozioni.
Infine a casa col pensiero che Capistrello (ma non il suo campo sportivo in ERBA SINTETICA) val bene un’alzataccia.